Una cerniera imperfetta

Hamletmachine è uno spettacolo che agisce silenzioso su di te. Arrivi a teatro e speri di trovare una chiave di lettura, di appropriarti di tutte le piccole citazioni e minuzie che un grande come Robert Wilson può farti sperimentare. Ti siedi, lo spettacolo inizia, e ti chiedi il perchè un po’ di tutto: l’entrata dalla cavea degli attori, lo sfondo monocromatico, gli oggetti di scena carichi di significato ma che non sembrano essere legati l’uno con l’altro. Lo spettacolo si costruisce su molte ripetizioni, ti aspetti uno schema e l’unica cosa che riesci a ricostruire sono i personaggi ripresi dall’Amleto o qualche famosa citazione letteraria. A quel punto capisci che è sbagliato il tuo di schema: è uno spettacolo che va visto con la pancia, con le budella, va fatto scorrere nel SANGUE.
La scenografia ruota su tutti i lati del palco: a sinistra, sul fondo e destra e invade lo spazio dello spettatore e con essa ruota il tuo punto di vista, ti estrania e allo stesso tempo ti fa entrare in un meccanismo. Questo spettacolo è una cerniera, i dentini sono tanti, piccoli e non combaciano perfettamente ma in qualche modo funziona: ti trasmette disperazione non del tutto espressa perchè in questo vorticare, cambiare scena e nell’accumulo della gestualità sei distratto dalle percezioni e l’insieme distoglie dal sentimento. Questo è quello che rende lo spettacolo attuale: oggi come nel 1986 è troppo facile farsi trasportare dalla macchina del quotidiano che assopisce aspettative e delusioni e in cui la politica diventa solo un fantoccio che viene abbattuto ciclicamente e sulle sue stesse macerie ricostruisce.
Non è effettivamente uno spettacolo per tutti, si consiglia di leggere Hamletmachine per seguire almeno le scene ma per il resto non fatevi suggerire le emozioni, a giorni dalla visione affiorerà quello che veramente questo spettacolo vi lascia.

Morgana Campagnolo